Carlo Pasceri
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Il bollito Bollani da bollare

14/3/2014

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Prima di iniziare la lettura di questo articolo, ci sono delle doverose premesse da fare, oggettive e soggettive, ma che metto in fondo per andare subito alla ciccia… Ma credo pure che sia interessante andarsele a leggere.
Però un preambolo lo faccio: Stefano Bollani come musicista lo stimo senza riserve.
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Il suo libro “Parliamo di musica” (con la collaborazione di Alberto Riva) pubblicato dalla Mondadori (collana Ingrandimenti) è infestato da affermazioni contraddittorie, talvolta incomplete o inesatte.
Bollani, che molti conoscono come un ottimo pianista e conduttore-divulgatore di ”musica e dintorni”, si cimenta come scrittore per tentare di spiegarci come lui intende la musica…
Purtroppo la sua esposizione è piena di dati scorretti e lacune di pensiero, diffusi svarioni grammaticali, negligenze logiche e sintattiche; c’è pure un disordine strutturale che pervade tutto il libro.
Il testo credo che sia soprattutto rivolto ai lettori meno esperti di musica, e speriamo che anch’essi si affranchino e non si lascino abbindolare dalla simpatia di alcuni temi di fondo e dallo stile “di strada”, amichevole e colloquiale dello scritto dell’autore.

“Parliamo di musica” è un capzioso e trasandato coacervo di pensieri del musicista che sembrano appunti presi durante un viaggio in treno e messi insieme alla buona e dati in pasto ai lettori appassionati di musica, che riceveranno così un diario di un esperto e bravo pianista e simpatica persona, ma che purtroppo sembra anche condurre a un’unica tesi di fondo: abbasso le regole viva l’anarchia: disordine e rumore possono, anzi, devono essere parametri e fattori da inserire nelle opere dei musicisti poiché ciò offre libertà e creatività… Di conseguenza tutto sommato l’ascoltatore è bene che non abbia un’educazione musicale e culturale, così potrà far risuonare liberamente la sua sensibilità.
Nel libro ci sono moltissimi esempi, ma dovrebbero bastare le pochissime righe messe addirittura in quarta di copertina  (estrapolate da pag. 26) per evidenziare la goffaggine; infatti, c’è già chiara la zoppia su un po’ tutto: grammatica, semantica e concetti. 

In quarta leggiamo: 
L’idea che per capire la musica si debba per forza possedere un certo bagaglio culturale, è una furbata, spesso è una scusa per pigri, è una medaglia acquisita sul campo per chi crede di essere tra quelli che la “capiscono”. Avere gli strumenti per godere della musica non significa conoscere né l’armonia né l’epoca in cui è stata scritta né il retroterra culturale del compositore, ma riconoscere qualcosa che abbiamo dentro e che risuona.
(Attenzione alla doppia negazione: il periodo è scorretto, casomai bisognava scrivere: “Avere gli strumenti per godere della musica non significa conoscere l’armonia o l’epoca in cui è stata scritta…”, altrimenti il senso diventa esattamente opposto.)

Questo libro è un capzioso e trasandato coacervo di pensieri del musicista che sembrano appunti presi durante un viaggio in treno e messi insieme alla buona.

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Che c’entra essere furbi e pigri se si è acculturati? Perché si confonde “capire” con “godere”?
Caro Bollani (e cari pure i tuoi compagni di merende, molti purtroppo la pensano così), è da respingere l’idea di una lettura della musica INTERAMENTE romantica-soggettiva che (nel flusso sonico) consentirebbe una percezione di una specie di “presenza” e quindi un’empatica fusione sentimentale con essa, una sorta di circuitazione di suggestioni emozionali tra l’emettitore e il ricevente.
La cosa può avvenire, anzi spesso avviene e suscita piacere, ma non dimostra nulla… Indica solo un effetto permesso dallo “strumento” che abbiamo tutti per “godere della musica”, e cioè le ORECCHIE!
Con questi approcci empirici e concetti banalissimi, la musica è diminuita e occultata sotto una strana coltre sempre misteriosa; infatti si descrivono solo conseguenze e non si offrono elementi delle cause di queste: BASTA! 
La “magia” della musica è data dal fatto che è un movimento molecolare, quindi energetico, razionalmente e matematicamente formato ed espresso che fa vibrare il nostro corpo.
La musica suscita in noi delle cose straordinarie perché è straordinaria rispetto a tutte le altre attività umane: è unica la sua insita fisicità organizzata nel divenire temporale sia in termini interni di note (le matematiche correlazioni degli armonici propri dei suoni musicali) sia in termini esterni ossia la disposizione di tutti i suoni tra loro (combinatoria di timbri, ritmi, altezze e intensità): è energia vibrante che ci colpisce e ci fa armoniosamente fremere pure a livello intellettuale.

Bollani ha dimostrato, oltre di essere male informato delle cose musicali, una scarsa capacità di argomentare, sia formale che sostanziale.

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La musica di fatto è allo stesso tempo un insieme di fantasia e scienza, sensazioni e concetti, immaginazioni e realtà. Nel medesimo momento in cui la musica esiste si insinua dappertutto nello spazio, non si può fermarla… Sembra un prodigio anche perché è invisibile.
Per tutte queste cause, la musica (maggiore o minore, complessa o semplice che sia) è sentita emozionalmente e intellettualmente in modo potentissimo anche rispetto ad altre espressioni artistiche.
Infatti talvolta quella “magia”, quella romanticissima ed empatica eucaristia emotiva, accade anche in presenza di pochissimi suoni emessi da modestissimi musicisti che hanno prodotto della musica modestissima con i propri strumenti: questo godimento è tanto rispettabile a livello soggettivo quanto ininfluente in un quadro di oggettiva comprensione del fenomeno musicale.
Dunque quel romantico sentire umorale è un effetto e non una causa, e per comprendere la musica, e quindi logicamente estendere di più il godimento nella sua interezza e circuitare il godere con il capire, è bene conoscere più possibile la sua profondissima “grammatica” e la sua storia.
E ancora, estrapolando in ordine sparso dall’Introduzione del libro di Bollani:
La musica esiste in natura: ciò che non esiste è la “grammatica della musica”. Qual è il confine tra musica e rumore? Chi lo decide? In teoria tutto è musica. Tutto può essere musica… Non esiste in natura un sistema per distinguere un suono da un rumore.
La confusione semantica e concettuale è ai massimi livelli, forse volontariamente capziosa...

Se l’autore intende musica in senso di espressione artistica, affermare che la musica esiste in natura è come dire che in natura esiste la letteratura. 
Se lui, per musica intende suoni musicali, il confine tra musica e rumore è perfettamente delineato da moltissimo tempo (d’altra parte dopo egli afferma che non è possibile distinguere un suono da un rumore: o non ha consapevolezza che un rumore è un suono, pertanto doppia ignoranza, oppure…).
Forse Bollani voleva intendere musica in modo un po’ dilettantesco, sicuramente del tutto soggettivo, di gradevole sensazione auditiva, e nel frattempo affermare che in natura esistono dei suoni che potremmo usare qua e là per qualche passaggio musicale! E allora? 
E allora tutto può potenzialmente andar bene, una risacca marina, uno stormir di fronde, un tuono, un barrito di un elefante ecc… Ma di cosa stiamo parlando? È diventato un bravo musicista per questo? Lui ha studiato e si è applicato grandemente sui “musicali” rumori in natura, o ha fatto altro?

Concludendo, nel primo capitoletto si legge:
Fu il matematico Pitagora il primo a misurare le vibrazioni di una corda e a scoprire che quella corda vibrando conteneva in sé altre note, i cosiddetti “suoni armonici”, e così capì che in natura c’era più varietà.

Sbagliato: il pianista confonde la scoperta di Pitagora dei suoni armonici mediante il monocordo (strumento inventato da lui e pertanto non “naturale”), ovvero che alcuni suoni sono in armonia con altri (consonanti) poiché in rapporti matematici, con i cosiddetti armonici naturali ossia quei suoni addizionali che determinano un suono musicale da un altro qualsiasi (rumore) scoperti solo nel ‘700.

Insomma Bollani ha dimostrato, oltre di essere male informato delle cose musicali, una scarsa capacità di argomentare, sia formale che sostanziale, con logica, coerenza, proprietà e precisione, e ha compiuto un cattivo servizio a tutti e in particolare alla musica, recapitando un messaggio negativo travestito da uno ecumenico ma qualunquista pertanto positivo per i più: il suo messaggio è quindi ancora più infido poiché così ha suscitato facilmente entusiasmi tra i pigri.
(Io invece affermo che per godere di più della musica bisogna capirla di più a tutti i livelli, e quindi è necessario faticare per ricavarne questo fantastico “guadagno”. E che comunque gli schemi, più che rifiutati e abbattuti, vanno ampliati.)
Occasione persa, peccato, perché un tipo come lui poteva essere un ottimo “cavallo di Troia” per informare davvero la sempre più grande comunità appassionata di musica e recapitare il messaggio che se siamo affascinati dalla musica, potremo con un po’ d’impegno ricavarne un più esteso e profondo piacere.

Premessa “esterna”. Un libro dovrebbe comunque sempre favorire una riflessione sulle conoscenze e le attività degli uomini. Ovviamente ci sono libri che sono preposti per questo specifico scopo: libri di approfondimento e saggi. L’essenza di questi di solito consiste nell’analisi e sintesi dei fattori costitutivi di una qualche attività o disciplina scientifica/artistica, che in qualche modo riconfigura in nuovi assetti possibili. Un libro perciò diventa tra chi scrive e il lettore, una specie di soglia, d’intercapedine che metaforicamente rappresenta una zona di confine in cui sia possibile un’ibridazione socio-culturale dalla quale possono eventualmente originare nuovi modelli e paradigmi a loro volta.

Premessa “interna”. Mi ha sempre interessato fornire, eventualmente mediante anche costruttive “critiche”, informazioni per aumentare consapevolezza in questa meravigliosa disciplina artistica qual è la musica.
La musica è la più astratta fra le arti e la più matematica e forse anche per questa sua particolarissima natura troppo spesso in questo campo si leggono tesi sconclusionate e/o confuse. Infatti, per spiegare l’enorme fascino di quest’arte, si ricorre ad assurdità o bene che vada a banalità… Proprio per questo ci dovrebbe esser più rigore e attenzione da parte di chi fa informazione e quindi cultura, invece purtroppo ci sono sin troppe persone influenti che sguazzano nell’ignoranza e superficialità moltiplicandole a loro volta.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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