Per contrappeso, oltre alla sofisticatezza ritmica, hanno un ancor più sofisticato sistema per melodizzare.
Lo abbiamo intuito tutti.
Seppur la stragrande maggioranza di noi occidentali sia ben felice del proprio patrimonio musicale, quale che sia il genere, Classica, Pop, Jazz, Rock, Funk ecc., questa stessa maggioranza conosce le peculiarità delle musiche indiane e arabe, ossia di essere esclusivamente ritmiche e melodiche (non hanno accordi). Per contrappeso, oltre alla sofisticatezza ritmica, hanno un ancor più sofisticato sistema per melodizzare. Lo abbiamo intuito tutti. Affronteremo, seppur in modo sommario, questo argomento perché, oltre a essere parecchio sconosciuto, quel poco che si sa è anche alquanto scorretto; ma soprattutto perché è molto più legato alla nostra musica di quanto si creda.
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La magia di un’invisibile energia che viaggia nell’aria e colpisce il nostro udito incantandoci.
Basta una nota per attirare la nostra attenzione; per emozionarci, stregarci… La musica crea un‘atmosfera che altera in modo profondo la nostra percezione dell‘ambiente circostante; appena quei suoni smettono di far vibrare l‘aria, la magia cessa. Il successo di un brano (similarmente anche l’ottima accoglienza di un solo di uno strumentista) è dato perlopiù dalla sua facile cantabilità melodica: il motivo “orecchiabile”. E il buon dizionario musicale della Garzanti (Le Garzantine) ci informa che cantabile è un “pezzo vocale di carattere melodico, simile o uguale all’Aria, che si mantiene nell’ambito medio di un dato registro evitando intervalli difficili e rapide successioni di note”.
Vale a dire, lenti movimenti in un ridotto spazio musicale (di solito nell’ambito dell’ottava musicale ossia nello spazio di raddoppio-dimezzamento frequenziale delle note: per esempio Do1 – Do2). La bellezza è musicale.
La musica è la massima espressione della bellezza. Come ci informa l’enciclopedia Treccani, il concetto di bellezza rinvia a ordine, armonia e proporzione delle parti. La Natura con le attività umane, specialmente quelle artistiche ma pure quelle laterali come l’architettura, sono correlate in varie maniere, alcune delle quali è proprio il caso di dire che sono sotto l’occhio di tutti come nelle arti plastiche e figurative. Però, seppur conosciute come informazioni cognitive, i modi correlativi più notevoli non coscientemente percepiti sono mediante proporzionalità matematiche, come quella della sezione aurea. Ovviamente qui non è il caso di estendere e approfondire l’affascinate argomento di quanto i rapporti matematici siano presenti in natura e nelle arti, solo un cenno in nesso con la musica, segnatamente nell’armonia musicale, chiarendo perché per esempio una diade (accordo di due note) è all’orecchio parecchio più elementare di una triade ed è incomparabile a una quadriade. E perché una triade pur avendo solo una nota in meno è molto più incisiva di una quadriade, e come mai gli accordi di cinque note in poi sono armonie tanto “ricche” da essere quasi una categoria a parte, pur avendo solo un paio di note in più degli altri.
Lo strumento musicale più diffuso in Occidente è la chitarra e lo è per vari motivi: tra i più importanti è che essa permette di produrre armonie, accordi, cioè due o più note contemporaneamente. Quella armonica è la dimensione musicale più complessa sia a livello percettivo sia cognitivo ovvero il suo concepimento e realizzazione; d’altronde basta eseguire qualche accordo uno dietro l’altro imparato alla buona su uno strumento da poche decine di euro e fischiettare un motivetto per fare già musica alquanto articolata. Noi occidentali diamo per scontato questo aspetto, ma nel resto del mondo così non è; la musica armonica è una nostra prerogativa, le altre civiltà, che siano orientali o africane, hanno generato musiche prettamente melodiche e ritmiche.
L’atonalità cosa è? Verrebbe subito da dire che è la negazione della Tonalità; e allora: cosa è la Tonalità? Nel diffuso manuale di armonia di Walter Piston troviamo: La tonalità è l’organizzazione dei rapporti tra le altezze attorno a una tonica. Questo significa che vi è una nota centrale sorretta, in un modo o nell’altro, da tutte le altre. Nella musica che definiamo “in do maggiore” tale nota centrale è il do; questa musica usa le note della scala di do maggiore e contemporaneamente ne definisce anche la tonalità. E così in sostanza tutte le scale o brani, anche modali, attengono al principio di tonalità, finanche in sistemi diversi dal nostro occidentale, per esempio nella musica indiana…
La musica è un’organizzazione di suoni (e silenzi) che in massima parte sono note, ossia suoni (a loro volta intrinsecamente correlati in modo aritmetico) generati dalla nostra voce o strumenti specificamente costruiti. La nostra prima esperienza paramusicale l’abbiamo col ritmo del cuore ancor prima di nascere. Ciò attiene al basilare concetto ritmico di suono/silenzio. Ed è proprio alla nozione di dualità cui semplicemente ci riferiamo come primaria esperienza musicale, che ci aiuta a comprendere come la musica è massimamente percepita. D’altronde è nelle differenze che si intendono meglio le cose, nel loro confronto.
Recentissimi studi indicherebbero che la percezione della pulsazione musicale ossia il battito primario di scansione regolare (beat) sia innata. Questo aiuta le persone a sincronizzare i loro movimenti l'un l'altro, cosa necessaria per ballare o produrre musica insieme. La rilevazione del battito richiede solo la misurazione della lunghezza tra un impulso e un altro e quindi questo mini ciclo è rappresentato nel cervello come modello base di un’aspettativa (pertanto una preconizzazione) invariante. Ciò consentirebbe non solo di percepire il battito, ma anche di costruire una rappresentazione del ritmo gerarchicamente ordinata (induzione metro).
Nel mondo musicale è molto diffusa la parola e nota l’importanza dello swing, meno la sua conoscenza; rispondendo a una specifica domanda di un lettore... Swing: con questa parolina inglese (oscillazione) dal ’900 si designa, di solito quando con la maiuscola, uno stile del Jazz in voga per una decina di anni pressappoco dalla metà degli anni Trenta ai Quaranta; con la minuscola, una qualità ritmica (prevalentemente del Jazz). Ci occupiamo di quest’ultima.
Lo statunitense Blues e lo spagnolo Flamenco sono parenti più di quanto si creda. D’altra parte circa un secolo fa Jelly Roll Morton, uno dei padri del Jazz, parlava della musica di colore spagnolo (Spanish Tinge)… La Spagna, terra abitata anche da gitani erranti, mercanti ebrei e schiavi provenienti dall'Africa, si è alimentata degli influssi culturali di ritorno dall’America anch'essa meticcia. E il Flamenco è un'espressione musicale prodotta in Andalusia nella prima metà dell'Ottocento ed è la sintesi tra l'Andalusia cristiana e quella musulmana.
Cosa è che rende musica la musica? Di là ovviamente di cantare e usare strumenti musicali, cosa dà coesione e coerenza, ordine ed efficacia alla musica In sostanza alle altre arti come quelle figurative, la riconoscibilità della natura, di forme, oggetti ed esseri viventi, in letteratura, narrazioni di vita verosimili e coerenti; tutto con nessi logici. Ma alla asemantica musica?
L’indovinata disposizione di strofe, ritornelli ecc., la cantabilità di una melodia, un ritmo trascinante, un accordo intrigante? No, qualcosa di molto più essenziale, e di molto meno soggettivo... |
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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