The Great Gig in the Sky è il titolo di un celebre brano pubblicato dai Pink Floyd, nell’ancor più celebre disco The Dark Side Of The Moon del 1973.
Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”.
The Great Gig in the Sky era ispirato dal tema della morte, pertanto l’approccio fu di suggerire quest’idea così drammatica senza testi cantati, al massimo qualche parola “recitata”; e così fu.
Clare Torry improvvisò note vocalizzandole senza testi, come si faceva spesso nel Jazz da decenni e talvolta nel Soul (mutuato direttamente dai tradizionali Spiritual e Gospel).
Ma fu inusitato immettere una cosa così in brano rock, d’altronde perfettamente inserita nelle loro monumentali e lussuose diluizioni e addensamenti di trame soniche pop-rock in stile Soul/R&B che stavano compiendo per il loro best seller The Dark Side of the Moon.
Continua oscillando tra le due tonalità parenti strette di SIb e FA (nel mentre sono entrati il basso e le steel guitar coi loro tipici lunghi glissandi con pesanti effetti d’ambienza), per poi (a 18’’) stabilizzarsi su un pendolo accordale di SOLm7 – DO7, che sarà in maggior parte lo scenario armonico del decisivo intervento vocale della Torry.
La sequenza prosegue per un po’ nella tonalità di SIb, e scivola così in una breve sospensione e break per l’irrompere dell’aggressiva Torry (1’08’’).
Dunque, nella statica ripetitività dei due accordi, sostenuta e spinta dalla batteria e dalla sovrincisione di un organo hammond, si proietta la voce che frammenta piccoli motivi melodici nel registro medio-alto, in uno stile Soul/R&B, molto gridato, a tratti rauco, molto lamentoso.
Seconda peculiarità: la batteria suona un semplicissimo groove per metà battuta (SOLm7) mentre nella seconda metà (DO7) esegue una breve frase (fill) sempre semplice e simile ma non uguale ogni volta.
Dopo un deciso crescendo (ma non parossistico), si giunge così a un’interessante area di transizione (2’17’’): un tanto rapido quanto fluido placarsi degli strumentisti e della cantante e mediante tre accordi, si plana sull’accordo iniziale SIm (2’23’’).
Breve sospensione e a 2’31’’ riparte il brano come dall’introduzione.
Quieto nell'inquietudine.
Ma qui c’è subito la voce, col basso che congiunge la parte armonica con quella melodica (e un’ombra di hammond).
Si prosegue così fino al termine, con la voce che improvvisa piccole figure melodiche, pacatamente ma con un senso di allarme, dato dall’incessante figura a ottavi del pianoforte che nella parte più duratura del brano alterna una nota più bassa (Sol) con altre due cromatiche più alte (Fa e Mi).
The Great Gig in the Sky conferma la meravigliosa attitudine dei Pink Floyd a rendere oro ciò che in nuce nemmeno è luccicante, con semplici ma sapienti e calibratissimi tocchi.
* Tanto che sembra che la Torry, dopo decenni, "sollecitò" il gruppo, tramite giudici, a riconoscerle ben più della striminzita paga sindacale che le dettero; giunsero a un accordo extragiudiziale.
Tutto l'album The Dark Side of the Moon è stato analizzato nel volume 14 della collana Dischi da leggere, disponibile in versione brossura ed ebook.