E le prime codifiche che conosciamo nel nostro Occidente le abbiamo apprese dai testi provenienti dall’antica Grecia, in cui si trovano molti riferimenti al potere della musica.
Sappiamo dell’enorme suggestione terapeutico-incantatoria, connessa pure alle più arcaiche pratiche magico-religiose, mediante le attuazioni di alcune popolazioni odierne del tutto simili a civiltà ben più antiche di quella fondativa greca.
Comunque, Platone, più in generale, nei confronti della musica assume una posizione doppia: da un lato la valorizza come espressione razionale dell'armonia universale e mezzo di elevazione spirituale, dall'altro la critica quando scade nel volgare, considerandola una fonte di degradazione e dipendenza dai piaceri, contraria alla ricerca della virtù.
Egli, nella sua città ideale, concepisce la musica allenamento dell'anima, come la ginnastica è addestramento del corpo; perciò adotta un’impostazione molto restrittiva, con precise prescrizioni, che qui non è il caso affrontare* (pure perché affatto prive di fondamenta scientifiche).
Invece, ciò che è interessante sottolineare è l’importanza che l’Ateniese dà al complesso rapporto tra l’aspetto razionale e sensibile, tra la psiche e il corpo, tra l’elevazione morale ed etica e le emozioni vibranti e carnali che la musica offre.
Platone riteneva che la musica esercitasse un'influenza fondamentale sul corpo e sull'anima, agendo attraverso un complesso processo percettivo. Questa influenza, che si manifesta come un atto sia fisico sia psichico, la considerava cruciale per l'educazione dell'individuo, giacché orienta l'anima verso la verità e il bene morale.
È suggestiva l’immagine di un’anima che, mediante l’ascolto della musica (energia invisibile e impalpabile che però attraversa anche i muri), armonizza le proprie evoluzioni, interferite dall’entrata in gioco del corpo.
Dunque, la musica è uno strumento potente per agire sull'anima, che il filosofo usa per affrontare la complessità della condizione umana e per trattare aspetti razionali, sensazioni e desideri. Catarsi e metafisica in suoni, la musica considerata un mezzo essenziale per la formazione e l'esperienza profonda dell'essere.
L'idea che la musica modelli l'anima attraverso un dialogo tra psiche e corpo è un concetto che si può comprendere prendendo atto dell'incontro tra l'uomo e il suono. La musica non si limita a stimolare la razionalità, ma coinvolge anche la dimensione corporea, innescando un dialogo interiore e con la realtà esterna.
Evidentemente le nostre orecchie furono messe dagli dei per meglio servire l’anima; apparati uditivi presenti su quella parte del corpo divina che è la testa, creata per ospitare l’anima razionale con la sua esile costituzione di meccanici organi preposti ad accogliere la musica.
Mediante le orecchie, il suono musicale arriva alla testa e quindi incontra la configurazione carnale e psichica che può comprenderne al meglio i messaggi e profittarne beneficamente; pertanto noi in grado di percepire e assimilare le perfette proporzioni armoniche delle origini ed elevarci dalla nostra condizione terrena.
Insomma, connessione profonda e quasi mistica tra l'anima (l'essenza immateriale del sé) e la musica (un'energia intangibile) per riconciliare le disarmonie create dall'interazione con il corpo fisico, che rappresenta la materia e le sue limitazioni. Un processo di riequilibrio interiore e di integrazione tra la sfera spirituale e quella fisica, rendendo il tutto un'esperienza emotiva e filosofica profonda.
* Genericamente, nella trattatistica, si diffuse la classificazione tra modalità musicali buone e cattive, tra quelle utili per una catarsi dalle passioni più violente e quelle dannose per il benessere.

Feed RSS