Da tempo si legge da più parti che alcuni compositori musicali avrebbero utilizzato la Sezione Aurea... Se pure fosse, sarebbe del tutto inutile.
Comunque, sono secoli che si reputa che il mistero dell’armonica e universale bellezza stia in uno speciale rapporto tra le varie parti e il tutto.
Ed è più che ragionevole ritenerlo. E allora?
“I sensi si dilettano con le cose che hanno le corrette proporzioni”.
La Storia si è incaricata di confermare il grande teologo e filosofo medievale Tommaso d’Aquino.
E quali sarebbero le corrette proporzioni?
Molti sono a conoscenza che c’è un numero che rappresenta una relazione particolarmente armonica, quasi magica, tra le cose del mondo, rendendole più "belle".
Il numero è 1,618.
D’altronde sono assai antiche le testimonianze (Greci, Vitruvio ecc.) della ricerca di una, per così dire, proporzione delle proporzioni; e solo qualche decennio prima di Tommaso d’Aquino, il famoso matematico Leonardo Pisano, Fibonacci, aveva pubblicato la sua fondamentale opera Liber Abaci (1202), nella quale esponeva la sequenza numerica che prese il suo nome, che tanto ha influenzato la matematica successiva. Questa serie numerica si correla alla Sezione Aurea, ormai regina indiscussa delle proporzioni.
E questa divina proporzione, come ha chiamato la Sezione Aurea un altro italiano, Luca Pacioli, intitolando così il suo libro a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento (coadiuvato per le illustrazioni da Leonardo da Vinci), è nell’arte stata applicata in modo documentabile almeno dal Rinascimento; ci fu l’avvio di rigorose teorizzazioni matematiche pure per l’atto creativo.
Quindi che problema c’è?
Nessuno, se ciò è riferito alle arti figurative o all’architettura. Parecchi se riferito alla musica.
Questo perché visivamente anche a livello inconscio siamo in grado di recepire differenze pure sottili di proporzioni tra le varie parti che costituiscono le cose, ma, siccome la musica ha la dimensione temporale che la caratterizza, ciò impedisce la percezione - anche avvertiti e mettendoci attenzione - di comprendere alcuni tipi di differenze proporzionali, pure grossolane.
In musica l’eventuale applicazione del “numero divino” è riferita in massima parte al numero di battute (o di note) delle sezioni che formano i brani.
Peraltro, si fa riferimento alla successione di Fibonacci e non direttamente alla Sezione Aurea: le due cose cominciano a somigliarsi significativamente da un certo punto in poi, da 89/55; mentre 8/5 è una dozzinale approssimazione.
Quindi che Debussy o i Genesis o chi per loro abbiano (consapevolmente o meno, e ammesso che i conteggi siano corretti) composto sezioni di 89 e 55 battute o abbiano immesso 144 note in una parte melodica, è del tutto ininfluente, giacché noi umani non siamo in grado di percepire differenze in tal senso; un po’ come per la rotazione da Ovest a Est (antioraria) del nostro pianeta. Dunque, applicare la Sezione Aurea in musica sarebbe al più uno sterile esercizio intellettualistico, fine a se stesso.
Per converso si individuano facilmente i reali numeri decisivi, sia oggettivi sia nella consolidatissima prassi.
I numeri basilari sono (al netto della tanto notevole quanto elegante matematica insita nella nota*) 2 (e le sue potenze: 4, 8, 16 ecc.) e 1,5 (moltiplicato per 2 o le sue potenze: 3, 6, 12 ecc.).
Ricapitolando: 1,5 e 2, poi 3, 4, 6, 8, 12, 16…
Tra questi, nella stragrande maggioranza dei brani, si trovano le quantità di battute delle varie sezioni strutturanti le forme, come pure per i movimenti dei tempi metrici (4/4, 6/8 ecc.)**.
Giova un minimo approfondimento per il fondamentale 1,5.
Mediante esso si giunge all’intervallo di quinta, importantissimo giacché il più consonante dopo quello di ottava, tanto che già da Pitagora sia le armonie sia le scale poterono esser generate originando da esso.
Le note che hanno poi costituito la scala Maggiore, e la scala Pentatonica più diffusa, si riscontrano sequenziando gli intervalli di quinta, cioè proporzionando tramite il rapporto 1,5.
Altresì 1,5 genera anche la suddivisione ternaria dei tempi e le scansioni di ritmi diffusissimi, come lo swing o lo shuffle.
Infine, con la proporzione aurea si giunge a una nota stonata.
Cioè né le frequenze intrinseche di una nota (armonici), e quindi anche la scala armonica “naturale” derivante, né la Pitagorica né la Zarliniana né la Temperata coincidono con la frequenza corrispondente fornita dal numero divino.
Insomma, per quanto indubbiamente si abbiano notevoli riscontri anche nel mondo naturale inerenti l’importanza della Sezione Aurea, e per quanto la musica (benché non sia affatto naturale) sia profondamente fondata sulla matematica, le due cose non c’entrano affatto l’una con l’altra.
* Una nota non è formata solo da una frequenza, ma, quale che sia lo strumento che emetta suoni (compresa la voce), da molte altre percepibili che ne caratterizzano il timbro (armonici); la loro correlazione progressiva è sempre la stessa: (1), 2/1, 3/2, 4/3, 5/4, 6/5, 7/6, 8/7, 9/8…
Dunque, una nota è rappresentabile con un’elegantissima serie di numeri che, data la frequenza matrice 1, si sviluppa così: (1) + 1/2 + 1/3 +1/4 + 1/5 + 1/6 + 1/7 + 1/8 +…
In matematica questa successione è chiamata serie armonica.
** Quasi tutti i tempi dispari possono essere considerati come la congiunzione di varie combinazioni di 2 e 3, per esempio il 5 di Take Five (Dave Brubeck Quartet) 3+2, o il 7 di Money (Pink Floyd) 3+2+2.
Questi argomenti sono trattati nei miei libri Viaggio all'interno della Musica e Quaderni Musicologici.