Da ragazzino undicenne avevo dei bonghi nordafricani che malamente percuotevo, tentando di andare appresso ai brani dei miei beniamini musicali.
Ho continuato così per qualche anno, pure dopo che ebbi la mia prima chitarra.
Benché il mio primo incontro con la musica (che non fosse solo ascoltarla) fu con una tastierina elettronica Bontempi che aveva un mio amichetto di 9 o 10 anni.
Ma stranamente non misi in croce i miei genitori affinché me la comprassero, o perlomeno non lo ricordo…
Tutti hanno delle attitudini, chi melodica, chi altro; la mia è quella ritmica.
Me ne resi conto quasi subito, per sottrazione, quando iniziai a suonare la chitarra.
Né melodie (o semplicemente scale) né accordi mi riuscivano facilmente, né mi offrivano chissà quale soddisfazione.
Nato prima l’uovo o la gallina?
Ma per fare musica che non sia da percussionista-batterista c’è necessità di emettere delle note, e ho dovuto faticare per anni, esercitandomi e studiando, per raggiungere qualche risultato. Tuttora lo faccio. Coi ritmi è stato molto più semplice.
In questi decenni ho incontrato molti musicisti che hanno delle stupefacenti attitudini, addirittura qualche amico non musicista dimostra di averne più di me, fischiettando con facilità motivi che magari ha ascoltato tempo addietro o facilmente associarli in termini di somiglianza.
Fortunatamente tutte le dimensioni musicali (melodiche, armoniche e ritmiche) si possono studiare profondamente, ottenendo ottimi risultati, giacché, prima di (eventualmente) conseguire esiti artistici, la musica è scienza.
Va da sé che la propensione a uno degli elementi musicali è un coefficiente additivo di miglioramento di grande importanza.
In ogni caso il fattore del tempo musicale ha delle notevoli peculiarità.
Un esempio (già evidenziato) è che una differente percezione pure solo della basica pulsazione musicale fa corrispondere a una differente sensazione ritmica, quindi a un generale intendimento musicale. E questo accade solo con la dimensione ritmica, non con le altre.
Le altezze delle note delle melodie insieme con quelle delle armonie sono quelle e quelle rimangono; la percezione non muta giacché non ci sono elementi relativizzanti che possono far variare le sensazioni di melodie e armonie*.
Di qui l’importanza di questo fattore, che è complessivamente assai poco approfondito, pure in ambiti didattici; nondimeno pure in generale la dimensione tempo-ritmica viene alquanto trascurata. Ecco il mio conseguente sottolinearne periodicamente la sua singolarità.
Una breve e semplice occasione per comprendere ciò è l’introduzione di My Favorite Things nella versione di Coltrane. È facilmente interpretabile: in luogo dell’invalso intendimento ternario in 3/4 si può “sentirla” anche nel binario 4/4.
Ma (al netto di questa asserzione sull’interpretazione metrica) quel che sorprende è che tutte le trascrizioni che ho letto di questa non difficile parte in sé - tutte naturalmente in 3/4, e va bene - pubblicate in libri, trascrizioni a pagamento, web ecc., sono scorrette ritmicamente; peraltro si somigliano tutte…
Però, e ciò ancor più sorprende, in tutte (quelle che forniscono il dato) cambia la velocità metronomica, peraltro non ce ne è una che la dia corretta: questo significa che, pur avendo a disposizione metronomi elettronici (e sofisticati software), i musicisti non riescono a sincronizzarsi correttamente con la pulsazione. Che è un po’ come dire di non riuscire ad accordare uno strumento o avvertire delle stonature nemmeno con gli accordatori. È sconcertante.
Qualcuno scrive che la velocità dell’introduzione è 154 bpm, chi addirittura 160…
La velocità è 150 bpm (al netto che in 3/4 io la “sento” a metà, 75), e suonando quelle scorrette trascrizioni si perde parecchio della bellezza di quella parte, ricca di pathos, flessuosa e raffinata.
Trascrizione invalsa (peraltro le note cerchiate in rosso non esistono nella versione originale)
Si dice che il diavolo è nei dettagli, forse, ma penso che nei dettagli si trovino pure gli angeli, e qui ne abbiamo quattro. Buon ascolto.
* Fatto salvo allorquando si è in particolari condizioni per le quali non si odono adeguatamente le note, solo così le loro relazioni possono variare e pertanto si possono ricavare differenti sensazioni musicali.