Termini dunque molto utili, soprattutto allorquando precisi, naturalmente rammentando che sempre ci sono state e ci saranno gradualità più o meno significative di ibridazioni.
Utili non tanto e non solo per orientare il fruitore nell’ascolto e il conseguente acquisto dei dischi – magari bulimico, agognato dall’industria e dal suo indotto - quanto per farne comprendere almeno un po’ le vere caratteristiche musicali, facendo la tara a quelle di superficie, contribuendo così a una più profonda consapevolezza degli ascoltatori di ciò di cui si sono appassionati.
Quella tra generi e stili è la prima e complessiva confusione.
Ciò che varia stilisticamente attiene principalmente ai fattori non strutturali di un genere, pertanto a quelli connotativi, quelli “coloristici”.
Del genere Jazz c'è lo stile Bebop o Cool ecc., del Rock l’Hard-rock, della Dance la Techno ecc.
Soprattutto dall’era più giovanile ed elettrica del consumo musicale (successivamente la metà del Novecento) c’è stato un eccessivo proliferare di termini che miravano (e mirano) a indicare stili (o addirittura generi) a ogni piè spinto, perciò a causare confusione.
E, siccome chi ha coniato e poi chi ha usato questi termini non erano degli esperti, ma appassionati di musica più o meno qualsiasi che però avevano modo di propalarli (scrivendo, parlando alla radio, televisione ecc.), ha spesso errato anche tra i generi e gli stili stessi.
Tra gli errori più diffusi ci sono Hard-rock/Heavy metal, Rock/Progressive, Progressive/Jazz-rock, Jazz-rock/Fusion, e quello forse più notevole, sicuramente il più annoso: Rhythm and blues/Soul.
Il Soul* è uno stile, derivante dal Rhythm and blues (o R&B). Il Soul è semplicemente la declinazione ballad del R&B: lento e lirico, sovente col ritmo terzinato.
E all’inizio dei Sessanta fu singolare la coniazione soul jazz, allorquando il Jazz si fece più semplice e adottò un paio di elementi del R&B, perché quei brani, che ebbero una buona diffusione in assoluto, erano piuttosto mossi e ritmici quindi non lenti e terzinati alla Soul.
Ma tant’è, Horace Silver e Art Blakey tra i precursori (Senor Blues** e Moanin’ pubblicati nel ’57 e ’58), e poi tra i tanti negli anni Sessanta, Work Song e Mercy Mercy Mercy dei fratelli Adderly, Watermelon Man e Cantaloupe Island di Herbie Hancock, The Sidewinder di Lee Morgan, The In Crowd di Ramsey Lewis, solo per citarne alcuni.
Dunque primariamente la differenza rispetto al R&B è data dalla natura non cantata dei brani e dalle notevoli abilità dei jazzisti espresse negli assoli.
Due annotazioni finali.
Miles Davis non si allineò a tale stile di successo nel Jazz, anzi, in quegli anni sofisticò ancor più la sua musica; tuttavia va segnalato il brano Eighty-One pubblicato in un suo importantissimo disco (E.S.P. del ’65), alla sua maniera, ha caratteristiche soul jazz.
*Per quanto mi riguarda non ha nemmeno senso di esistere, considerato che ciò che varia è pochissimo e direttamente proveniente dal Rhythm and blues: Soul è un termine pleonastico. Ma ormai c’è da tantissimo tempo pertanto bisogna farci i conti.
**Incident at Neshabur dei Santana ha parzialmente un andamento analogo.