Ed è il titolo del primo disco di questo gruppo indo-occidentale, registrato dal vivo negli USA il 5 luglio del 1975 al South Hampton College.
McLaughlin aveva da poco ricostituito la formidabile Mahavishnu elettrica e con essa registrato un paio di dischi, ma, siccome sempre più attratto dalla cultura e musica dell’India, formò anche questo gruppo interamente acustico.
Già nel decennio precedente c’erano state importanti trasfusioni dalla musica dell’India da parte di musicisti occidentali, segnatamente Tony Scott, Gabor Szabo e (soprattutto) Don Ellis; e McLaughlin stesso nel suo disco My Goals Beyond (‘71), e nell’appena successiva produzione della Mahavishnu Orchestra (il nome stesso è indiano).
D’altronde, ciò che nei Sessanta aveva caratterizzato la musica – prima jazz poi rock – fu l’invalso uso del sistema modale in luogo di quello tonale: non “giri armonici” con le convenzionali e “rassicuranti” strofe e ritornelli melodiche, ma un paio di accordi, sovente con riff (non di rado con incisivi unisoni dei musicisti) e forme piuttosto statiche e circolari. Da qui la nascita del Jazz-Rock.
Però, come il progetto Shakti, mai accadute fusioni etnico-esotiche a tutto tondo (melodiche, ritmiche, armoniche, timbriche, e formali) così specifiche e insistite.
Al netto di rare deviazioni ed episodiche alternanze con l’accordo LA (in forma minore o maggiore), la nota Mi (a volte come accordo - minore o maggiore -) è la base di tutti i brani dei tre dischi.
A parte questo eccezionale ipermodalesimo connettivo, le tre opere si differenziano per alcuni aspetti; subito, in estrema sintesi, la prima è quella meno strutturata e più intrisa d’improvvisazione, l’ultima è quella più articolata e amalgamata a qualche canone occidentale, la seconda è una via di mezzo.
Anche il numero di brani dei tre dischi contribuisce a queste caratterizzazioni di massima: Shakti with John McLaughlin solo 3, A Handful Of Beauty 6 (con un arrangiamento di un tradizionale indiano), Natural Elements 8 (pur essendo nel complesso il più breve).
Comunque, la musica, composta esclusivamente da McLaughlin e Shankar (sia in coppia sia singolarmente), è spesso caratterizzata da brucianti esecuzioni di chitarra acustica**, unisoni di tutti i musicisti, duetti tra violino, chitarra e avvincenti duelli di percussioni, voci con tempi e ritmiche molto complicate tipiche della musica indiana.
Però ci sono pure brani (o sezioni di essi) che esplorano altre dimensioni oltre a queste, più distesi, lirici e “intimi”: Lotus Feet (nel primo disco***), Lady L, India, Isis, Two Sisters (nel secondo), Face To Face, The Daffodill And The Eagle, Bridge Of Sighs, Peace Of Mind (nel terzo).
* Presente solo nel primo disco; altresì, ancorché senza crediti, c’è qualcuno (probabilmente le due ragazze che si scorgono nell’immagine del retro copertina del disco successivo) che suona il cosiddetto shruti box – sorta di minuscolo armonium portatile – fornendo il bordone ronzante tipico della musica indiana.
** Particolarissima la sua chitarra acustica (costruita appositamente dal liutaio Abraham Wechter), non tanto per l’evidente cordiera trasversale (le sette corde possono esser suonate fornendo specie di bordone o lasciate vibrare per simpatia) quanto per la tastiera scavata (simile allo strumento tradizionale indiano veena), ciò permette di innalzare notevolmente l’intonazione delle note anche premendo in basso, verticalmente, e non solo flettendo la corda in modo trasversale.
**** Curiosamente, A Handful Of Beauty fu registrato a Londra e Natural Elements a Ginevra.