I sei colori dei sei anni precedenti (più Live in Tokyo) furono una meravigliosa traiettoria che incantò tutti.
Dai primi due, più astrali (l’omonimo e I Sing The Body Electric), agli ultimi due, più terragni (Tale Spinnin’ e Black Market), presentarono una stupefacente progressione d’ibridazione musicale tra sperimentazione ed etno-world, partecipando in modo apicale all’innovazione del linguaggio musicale che a quel tempo si stava compiendo, che nominarono Jazz-Rock e Fusion.
Lo fecero in una brillantissima successione perennemente in bilico, mai fermi, al contempo tra acute svolte e sinuose transizioni, andando sempre avanti equilibrando perfettamente queste moltissime componenti. Miracolo musicale.
Ed Heavy Weather fu una sorta di sigillo, per molti versi non sorprendente, considerando la loro traiettoria e i tempi più disimpegnati che stavano trascorrendo in quel 1977, volti più all’intrattenimento, al divertimento, o comunque a una nettissima semplificazione degli aspetti comunicativi artistico-sociali.
I Weather Report, segnatamente Joe Zawinul, scelsero di tralasciare gli intenti sperimentali e world per rendersi più diretti e semplici, incisivi, concentrandosi su composizioni che mirassero, prevalentemente tramite l'uso di un idioma acquisito da decenni (jazz-bebop), a una più chiara cantabilità.
Naturalmente ciò fu realizzato in modo pregevolissimo in virtù delle loro straordinarie doti musicali.
Pastorius fu l’asso nella manica di Zawinul, al netto della sua enorme bravura, il personaggio sopra le righe da circus rock, da qui in poi catalizzatore di pletore di giovani bianchi ad acquistare dischi e affollare concerti: parole di Zawinul.
L’opera si apre con Birdland (di Zawinul - ampiamente dettagliata in una precedente disamina), un fantasmagorico modal-bebobluesy con cantabilità e ritornello degni dei tormentoni estivi.
A Remark You Made (Zawinul) è un’articolata ballad cui la romantica melodia fu affidata, nella parte principale, alla conclamata abilità di Jaco Pastorius che, preparato perfettamente dal sax di Shorter (che melodizza col tenore su gran parte del pezzo e qua e là doppia il basso) e dalle tastiere di Zawinul, esprime tramite il suo lirico suono i suggestivi motivi melodici.
Immenso il lavoro di tastiere, anche col pianoforte e il solo di sinth.
Il brano più lungo del disco, quasi sette minuti.
É correlabile a quei medio-rapidi brani bebop alla Donna Lee di parkeriana memoria, cui non a caso dette nel suo album di esordio (1976) una significativa versione.
Basato soltanto su quattro accordi di sesta-settima che girano continuamente architettati in modo peculiare (nella seconda parte sono traslati armonicamente di una terza ascendente), il complesso tema melodico è perfettamente bilanciato e inserito tra le armonie degli accordi e lick blues-bebop.
La batteria (suonata dal bassista) si rifà un po’ al tic-tac già ascoltato nei dischi davisiani, semplice e dritta, quasi dance (simile a quella di Birdland), le armonie sono stupendamente “calcolate” e suonate dalle tastiere; qua e là qualche nota di sax…
Palladium (Shorter) pure questo brano è ispirato dalla frequentazione giovanile di un vecchio locale (Birdland e Teen Town sono nomi di locali di musica che frequentavano da giovani Zawinul e Pastorius). Il Palladium era un club dove Shorter assisteva al Jazz latino e cui ogni tanto partecipava; il brano ha queste matrici.
Apre parecchio aggressivo, quasi minaccioso. Poi si assesta più gioioso ma sempre grintoso.
Un medium tempo incalzante (con Pastorius pure allo steel drums) con "strofa" di un motivo melodico sincopato esposto per ben dieci volte, e un "ritornello" reiterato continuamente come lunghissima coda.
The Juggler (Zawinul) è il brano più sofisticato del disco; in termini di sezioni, dinamiche, di pieni e silenzi, armonie e melodie raffinate, timbri (anche chitarra e tabla suonate da Zawinul e un mandoloncello da Jaco).
Arcano e ancestrale; alterna atmosfere rilassate, evocative e un po’ malinconiche ad altre di forte tensione, mediante transizioni elegantissime. Termina in modo inaspettato.
The Juggler, surreale e materico al contempo, é il meraviglioso anello di congiunzione con il loro recente passato, da Mysterious Traveller in poi.
Havona (Pastorius) brano medio-rapido, l’ultimo del disco.
Alquanto moderno e grintoso, senza la classica melodia sul giro di accordi, ma soprattutto con le armonie che “cantano”, peraltro di limitate specie (soprattutto sus e M7). Con non molte sezioni diverse ma con gli assoli di tutti e tre i protagonisti; prima il più sommesso di pianoforte, poi quello mediano del soprano, a seguire quello stentoreo del basso. La batteria di Alex Acuna dialoga benissimo.
Heavy Weather, un disco importante sotto molti punti di vista, il successo che ebbe portò alla ribalta un bassista e una Fusion di altissimo rango. Allineato coi tempi, dunque senza sperimentazioni** e atmosfere eteree, spirituali; poca innovazione ma con sfolgoranti rivisitazioni del carnale passato, trasfondendo nuovo sangue della contemporaneità sia in termini di contenuti sia in quelli formali.
Un presente futuribile guardando al passato.
* D’altronde Pastorius aiutò Zawinul anche in termini di produzione in studio, ed Heavy Weather, al netto dei particolari (anche Shorter è messo in sordina), gode nel complesso di un’ottima risoluzione audio.
** In tal senso sarà parzialmente diverso il successivo MR. Gone.