Carlo Pasceri
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Il gioco di forza tra Melodia e Armonia

4/4/2025

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La comune percezione intuisce il corretto statuto ontologico della musica: la melodia è sovrana rispetto agli altri elementi, ritmo e armonia (e timbro)*.
E ciò sebbene alcuni famosi teorici perorarono nel corso dei secoli in tal senso il primato dell’armonia.
Questa propalazione fu a fronte della prassi compositiva che, dopo l’originaria monofonia medievale e successiva polifonia contrappuntistica**, dal Seicento e la nascita del genere operistico vide diffondersi sempre più la monodia accompagnata, consistente nell’esecuzione di una linea melodica sostenuta da armonie accordali.
All’epoca ci fu anche un altro notevole cambiamento: si adottò un sistema che prevedeva l’uso pressoché esclusivo di una modalità scalare (la Ionica - con un’altra in subordine ossia l’Eolica tanto che poi fu chiamata relativa minore) in luogo delle otto modalità precedenti (Octoechos). Quindi da otto a solo due scale (bimodalità maggiore-minore) come fucine di note per comporre.
Queste due importanti variazioni semplificative resero molto efficienti le musiche: con parecchio meno sforzo compositivo e d’impiego di risorse anche in termini di musicisti, si ottenevano brani molto apprezzati. Tanto che ancora oggi è così.
Nel Settecento si misero a punto degli schemi accordali: successioni armoniche che miravano ad ottenere semplici e inequivocabili tensioni e distensioni musicali. Erano pochissimi moduli, dunque si ripetevano pedissequamente, e nei punti cardine delle sezioni (a cavallo da una all’altra o la reiterazione di una stessa) constavano solo di un paio di accordi: vennero chiamate cadenze.
​

Se nella fase precedente erano le melodie polifonico-contrappuntistiche a generare armonie, qui a stabilire i percorsi melodici sono i precostituiti accordali (sia come strutture insite sia come successioni a blocchi)***.
In ogni caso, quale che sia l’approccio e quindi la procedura adottata (prima la melodia e poi le sequenze accordali di complemento, o viceversa) è importante comprendere l’eminenza relazionale tra loro.

​Al netto della dimensione essenziale della melodia, ossia la scelta delle altezze (le note-frequenze) e quella vivificatrice ritmica (il numero e le durate), il reticolo di nessi melo-armonici tra la melodia e gli accordi ritengo sia dato troppo per scontato o comunque sottovalutato.
Infatti, spesso le armonie sottostanti le linee melodiche sono considerate come capaci solo di mere “colorazioni” di esse, e non come ridefinenti polarizzazioni delle forze in gioco capaci di alterare - come un prisma che scompone e riflette in un altro spazio l’onda di luce - anche le linee stesse, mantenendone le caratteristiche essenziali.

Appresso c’è l’incipit di una notissima melodia folcloristica, un nostro canto popolare dell’800; in gioco solo 3 note diverse, alcune ripetute fino a giungere a 9 note.
Prima solo la linea (in FA maggiore), poi con l’accordo originale (FA), segue una variante (tra le numerosissime possibili). L'accordo variato non è particolarmente sofisticato, peraltro perfettamente aderente alla convenzionale tonalità diatonica della melodia.
Ho scelto un brevissimo e banale frammento melodico per tentare di far intuire le potenzialità delle “armonie prismatiche” su dette: se subito sono colte (anche da chi non ha un orecchio particolarmente addestrato) le significative differenze in quel brevissimo tempo e con quel “povero” materiale di partenza, che è poi sofisticato armonicamente in modo piuttosto semplice, si può facilmente immaginare le facoltà con ben altro materiale e tempo a disposizione.

La “tecnica” si può anche invertire: dati pochi ed elementari accordi con loro abusate sequenze si possono ideare “prismatiche” linee melodiche che rendano il tutto inusitato, raffinato e innovativo: e se nel Jazz è pratica comune quella di riarmonizzare melodie, l’inverso, rimelodizzare armonie, è assai meno consueto. Pressoché sconosciuta negli altri generi.
​
* Non è questa l’occasione per esporre le pur evidenti motivazioni.
** Ebbe la sua massima sofisticazione contrappuntistica tra il 1400 e il rinascimentale secolo seguente.
*** Va da sé che se rimangono sempre le stesse due scale con le stesse tipologie di accordi e le stesse poche combinazioni di successioni, le soluzioni compositive saranno molto limitate, ripetitive.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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