Di qui le tre polarità base: un’elementare triangolazione tra due estremi e una posizione mediana; statica stabilità (simmetria-consonanza), dinamica instabilità (asimmetria-dissonanza), e neutra medianità tra le prime due*.
Un po’ come tra lo stare fermi su due piedi, su uno, e il camminare. Ovviamente esistono innumerabili sfumature, come di grigi tra bianco e nero, gradi di penombra tra luce e buio.
Dunque, perlopiù, l’ethos dei contenuti strutturali (ritmi, melodie e armonie) e il pathos delle forme espressive sovrastrutturali (timbri, articolazioni tecniche-pronunce soniche, velocità) determinano le polarità musicali**, che sono continuamente in divenire, pure perché quasi sempre in reticoli sovrapposti: in un brano raramente si ascolta in progressione una singola parte, ma varie s’intersecano.
In ogni caso si può trarre la percezione predominante sia del singolo passaggio sia della sezione sia dell’intero brano.
E c’è un’univoca e inesorabile origine, punto di partenza (altrimenti non ci sarebbero polarità), sorta di “zero assoluto”.
Una linea melodica ha una nota fondamentale, di massima gravità, intorno a cui il resto ruota; pure una serie di accordi (o un accordo isolato***) si relativizza a una nota basica di riferimento; e il ritmo ha il suo zero nell’elementare pulsazione metronomica, il flusso del singolo battito.
Una melodia, ciclo di accordi, ritmo di batteria, riff ecc. in modi semplici o complicati, direttamente con brevi parti piuttosto “dritte” o con ampie ed ellittiche traiettorie, comunque deviando ineluttabilmente dai punti zero di origine****, tendono a un posizionamento di polarità - estrema o mediana che sia - per conseguire l’effetto voluto; sia come singola parte sia correlata col resto.
E il solo, l’improvvisazione (che di fatto lo è sempre soltanto parzialmente), è una peculiare azione musicale che rende ancor più chiare queste dinamiche musicali, specialmente per quanto riguarda l’influenza del pathos.
Per conseguire un interessante solo si deve parecchio deviare dal punto di origine, dallo zero della nota fondamentale, la polarità più stabile.
Efficace ed efficientissima maniera per conseguire ciò è aumentare il pathos mediante intensità soniche (forte/fortissimo-piano/pianissimo), registri (alti/altissimi), timbri (manipolati o generati elettronicamente: saturazioni, echi, effetti e filtri vari, sinth ecc.) e velocità esecutive (rapide-rapidissime).
Queste formali attuazioni del “come” espressivo sono le più facili e immediate, di grande effetto; nel Rock e dintorni prevalgono in modo quasi totale rispetto all’ethos contenutistico del “cosa”, mentre nel Jazz e dintorni, benché prevalga l’ethos, si ha una più equilibrata ripartizione.
Soltanto due parole, due categorie, che hanno notevolissime e sofisticate, ma al contempo immediatamente intriganti, conseguenze: la musica è per tutti, da sempre, così potente.
* Giova rammentare che nemmeno una singola nota è in assoluto perfettamente stabile, perché essa ha un'energia potenziale tensiva data dalle armoniche. Le primissime sono quasi perfettamente consonanti, ma le susseguenti sono sempre più dissonanti, quindi relativa stabilità che va verso un’assoluta instabilità. Ecco perché solitamente una nota attiva l'esigenza di ottenere ulteriori note, che si sviluppano con una cinetica successione di eventi.
** La cosiddetta forma, ovvero l’ordinamento delle varie sezioni costitutive che si susseguono, è l’assetto perimetrale del tutto, pertanto è neutra nel senso del segno di polarità.
*** Un accordo isolato si relazione direttamente alla sua nota più bassa.
**** Anche quando un brano modula in una tonalità (o modalità) diversa lo fa appunto relativamente a una fondamentale precedente, stabilendone un’altra.