Lui accompagnava, io facevo assoli, nel salotto di casa sua “attaccati” al suo stereo Hi-Fi (era già bravissimo a fare e modificare qualsiasi cosa inerente l’elettronica).
Eravamo ancora minorenni, conoscevo chi poteva suonare la batteria: per poter fare un gruppo mancava il bassista…
Gli Outline nacquero. E chissà quante migliaia di gruppi nacquero così in quei decenni tra i ‘60 e gli ‘80: era una modalità comunissima.
Le cantine, le parrocchie, ovunque per poter riuscire a suonare qualcosa, per divertirsi, imparare, replicare qualche nota di qualche brano famoso, fare qualcosa di proprio…
Andare ad ascoltare altri, entrare in competizione con loro, tutta una serie di attività che implicava un rapporto diretto, un confrontarsi senza filtri e in quel presente. Senza calcolare le conseguenze di un atteggiamento, ma agire sempre in modo molto spontaneo.
Tutto molto ingenuo, pure dopo che si era cresciuti un po’ e divenuti maggiorenni, e la musica nel mondo stava cambiando parecchio e insieme con essa le modalità della sua diffusione.
D'altronde lo sviluppo dell’elettronica che permetteva di produrre musica stava compiendo balzi da gigante…
Ingenui, sì, liberi, in maniera quasi genetica, naturale, da calcoli e obiettivi che non fossero semplicemente quelli di divertirsi a fare musica; in subordine di divertire qualcuno (magari suscitare un interesse supplementare in qualche ragazza…).
Sono pressoché certo che non rammento, anzi, ricordo (col cuore) e rimembro (col corpo), soltanto io queste cose magari perché poi divenuto musicista; queste esperienze rimangono indelebili per tutti perché fondative a prescindere.
Ho tentato di mantenere quell’ingenuità per quanto mi è stato possibile, ovvero per riuscire a barcamenarmi poi nel mondo musicale - che è tutt’altro che schietto e semplice, è piuttosto melmoso e spietato – mantenendo nel cuore e nella mente, nei gesti, quegli episodi, quelle ore, quegli anni di entusiasmi giovanili per non smarrire i motivi fondamentali dei miei inizi, con loro, nella musica.
Lui, quello dell’Ibanez nera cui si attagliano i celebri versi
“Quel gran genio del mio amico / Lui saprebbe cosa fare/ Lui saprebbe come aggiustare / Con un cacciavite in mano fa miracoli”,
per oltre vent'anni il mio migliore amico; un tesoro che vorrei ritrovare...
Nel mentre la generosità di colui che da quel quartetto musicale fu estromesso dopo un po' (dopo averlo reclutato nel modo raccontato): non mi insultò o peggio, pur avendo compiuto verso di lui il mio primo gesto “musicale” non ingenuo. E tutt’oggi ci frequentiamo.
Grazie a tutti e tre, siete importanti.