Pur tralasciando gli aspetti più specialistici e tecnici (che si possono trovare negli approfondimenti fatti nei miei libri Tecnologia Musicale, Viaggio all’interno della Musica e Quaderni Musicologici), tentiamo di comprendere cosa significhi, affrontando l’argomento in maniera tale da intendere correttamente cause ed effetti del “tocco” musicale.
Il tocco di un musicista sovente è citato; in modo alquanto generico, superficiale.
Pur tralasciando gli aspetti più specialistici e tecnici (che si possono trovare negli approfondimenti fatti nei miei libri Tecnologia Musicale, Viaggio all’interno della Musica e Quaderni Musicologici), tentiamo di comprendere cosa significhi, affrontando l’argomento in maniera tale da intendere correttamente cause ed effetti del “tocco” musicale.
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Mozart, Genesis, Debussy, Tool... cosa c’entrano gli uni con gli altri? Il numero divino, ovviamente.
Da tempo si legge da più parti che alcuni compositori musicali avrebbero utilizzato la Sezione Aurea... Se pure fosse, sarebbe del tutto inutile. Comunque, sono secoli che si reputa che il mistero dell’armonica e universale bellezza stia in uno speciale rapporto tra le varie parti e il tutto. Ed è più che ragionevole ritenerlo. E allora? È tanto data per scontata quanto invalsa, superficialmente e senza argomentazioni serie, la straordinaria creatività di Frank Zappa.
Così, per sentito dire o visto scritto; ben che vada a orecchio - senza accurate analisi - ingenue deduzioni: considerato l’enorme spettro del suo Rock che spazia in tantissimi stili e generi (compreso messe in scena da cabaret con tanto di provocazioni, ironie e satire), Zappa non può che essere geniale... Spesso sia ascoltatori sia musicisti additano questo o quel pezzo come troppo simili tra loro o peggio, veri e propri plagi.
Non di rado è così, benché non solo le note ma pure i timbri, velocità e scenari armonici possono fuorviare. Anche nell’altro senso, cioè che una parte melodica del tutto simile a un’altra non venga percepita così analoga, allorquando suonata da strumenti assai diversi, con articolazioni tecnico-espressive e velocità differenti in scenari armonici non coincidenti. Criptoplagi. “La musica è un linguaggio, ma con la particolarità che è privo di logica”.
Ieri pomeriggio nella trasmissione RAI di approfondimento culturale Rebus in cui (tra l’altro) gli autori si proponevano di evidenziare i rapporti tra musica e matematica, con ospiti quali Corrado Augias, il maestro Aurelio Canonici e la matematica Elisabetta Strickland, la cosa che più è invece risultata evidente è che le semplificazioni della divulgazione, la rapidità di comunicazione, sovente sono fuorvianti. Sin dal secolo scorso con l’era elettronica e in questo secolo con l’era digitale, in progressione esponenziale, c’è stato, e c’è, un notevole ricorso alla manipolazione sonora, che ha caratterizzato moltissima musica.
L’elaborazione audio è divenuta un settore molto specializzato. Pochi sanno o rammentano che gli effetti applicati alla musica si dividono soltanto in due categorie: quella che del segnale ne altera l’intensità e quella che ne altera il tempo. Va da sé che possono coniugarsi. Sebbene non entreremo nei dettagli (tantomeno nelle - per me avvincenti - specifiche tecnologico-matematiche), tenterò di darne una descrizione di massima che possa suscitare interesse e soddisfare qualche curiosità. La “grammatica” musicale è per un verso molto semplice, per un altro parecchio complicata.
Semplificando, si può comprendere il processo generativo musicale pensando alle 13 note della scala Cromatica* come alle sillabe di un alfabeto. E alla scelta di una scala (Maggiore, Minore, Pentatonica ecc.) già come a una sorta di pre formattazione lessicale, cioè un insieme di vocaboli (lessemi), che pertanto hanno già qualcosa ben più “significativo” rispetto alle sillabe.
Sin dalle scuole elementari tutti conosciamo la proprietà commutativa dell’addizione (e della moltiplicazione): cambiando l’ordine dei fattori (o addendi) il risultato non cambia.
E similarmente, in modo diffuso (anche tra sin troppi musicisti e insegnanti professionisti), si ritiene che la cosa decisiva delle note sia quali sono presenti indipendentemente dal loro ordine di successione. Cioè, scelta una scala di base p.e. Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do, poco importa come saranno disposte le note (al netto di qualche minima variazione): la cosa fondamentale, a fronte dei secolari precetti del Sistema Tonale, è che siano quelle e non altre. E qui un paradosso. In musica, dopo i rudimenti tecnici per imparare a emettere note tramite uno strumento, la cosa cui subito si scontra chi vuole imparare a improvvisare e/o comporre è dare coerenza a una serie di note che non sia una mera esposizione di eserciziari, acquisiti durante gli addestramenti sullo strumento; o altrui invenzioni.
Se in musica l’improvvisazione assoluta, totale, in sostanza non è riscontrabile, la piena modellizzazione e quindi pianificazione musicale sì.
Innumerabili esempi soprattutto nella Classica, ma presenti pure in altri ambiti (orchestre varie, Big band, Pop, Dance ecc.), ove è tutto o quasi predeterminato. Pertanto è l’amplissima e affascinante “terra di mezzo” che, per sommi capi, ci accingiamo a scoprire: l’invenzione musicale estemporanea, benché non totale. La cosiddetta improvvisazione, che risiede in massima prevalenza nelle parti di chi s’incarica di fare un solo Quando si può considerare una sequenza di note nel tempo una melodia?
Teoricamente sempre, perché una successione di note attiene all’elemento melodico della musica; come una successione di durate a quello ritmico, e un insieme di note simultanee a quello armonico. E se il ritmo è il fattore più elementare e diretto, più facilmente assimilabile (imitabile), l’armonia è quello più sofisticato e “intellettuale”; in mezzo c’è la melodia, che non a caso è considerata la regina della musica, è comunemente intesa quasi sinonimo di musica. L’unione fa la forza, sì, ma quanta?
Per ottenere l’effetto del doppio di una potenza basta raddoppiarne la fonte? A volte ci sono questioni alquanto controintuitive, parecchie nel settore audio, che portano a errate conclusioni. Una di queste è che se una qualsiasi sorgente sonica, per esempio una cantante, è affiancata da un’altra che emette con la stessa intensità, si avverte un raddoppio dell’intensità sonora (volume). Quel magnifico strumento chiamato pianoforte è uno strumento sempre stonato, pure quando perfettamente accordato.
Le note alte sono più alte e le note basse più basse di quanto debbono essere nella scala del nostro sistema musicale ossia del Temperamento equabile*. È un fatto che sorprenderà molti, tuttavia per gli specialisti è cosa nota; inesorabile. Non poche volte mi è stato chiesto: si può fare musica solo col rumore? Qual è la differenza tra una nota e un rumore?
Ebbene, no, non si può fare musica solo col rumore; almeno non del tutto. E vedremo meglio più avanti perché e cosa si può fare col rumore, anche perché prima occorre comprendere cosa è una nota e cosa un rumore. Tutti più o meno conoscono i tre fattori fondamentali della musica: ritmo, melodia e armonia.
Chiunque sa che una melodia è una sequenza di note singole che si possono fischiettare, l’armonia è realizzata dagli accordi dell’accompagnamento cioè molte note eseguite più o meno simultaneamente, e il ritmo è dato dagli impulsi contenuti in un ciclo di pochi secondi che in maniera reiterata qualche strumento esegue. C’è un ulteriore elemento chiamato tempo cui tutto ciò è biunivocamente connesso. Il tempo musicale significa due cose indipendenti tra loro: velocità e metro. Il movimento vitale è dato da collisioni più o meno marcate, più o meno sfumate tra oggetti.
Attriti energetici; potenza dinamica del calore. Senza questi urti, contrasti, divergenze, resistenze, ci sarebbe la rigida, glaciale, immobilità. Dunque nel nostro vivere siamo continuamente alle prese con attriti di ogni tipo. Naturalmente pure in musica esiste ciò. Quando si dice a qualcuno (anche a se stessi) “immagina tal cosa”, si chiede di generare una scena con degli oggetti (eventualmente con le loro proprietà attive) e proiettarli su una sorta di schermo mentale.
Questa è l’esperienza più comune, quotidiana, che però solitamente produce confusione tra alcune parole molto importanti e i loro concetti: immaginazione, fantasia, idea e creatività. Queste parole si tende a usarle come sinonimi, ma non lo sono. Molto brevemente, pertanto senza alcuna pretesa di completezza, si tenta qui di chiarire la questione, per poi relazionarla al mondo dei suoni, alla dimensione musicale. In musica il più rapido effetto lo riceviamo dalla natura dei suoni: qualità fisica musicale; sovrastruttura.
Ciò determina quell’impatto emotivo che spesso è permanente negli ascoltatori anche più accorti, e che sovente non permette un approfondimento dell’ascolto più sostanzialmente musicale. Ossia quel che definisce la struttura della musica: ritmo, melodia e armonia. La magia di un’invisibile energia che viaggia nell’aria e colpisce il nostro udito incantandoci.
Basta una nota per attirare la nostra attenzione; per emozionarci, stregarci… La musica crea un‘atmosfera che altera in modo profondo la nostra percezione dell‘ambiente circostante; appena quei suoni smettono di far vibrare l‘aria, la magia cessa. Il successo di un brano (similarmente anche l’ottima accoglienza di un solo di uno strumentista) è dato perlopiù dalla sua facile cantabilità melodica: il motivo “orecchiabile”. E il buon dizionario musicale della Garzanti (Le Garzantine) ci informa che cantabile è un “pezzo vocale di carattere melodico, simile o uguale all’Aria, che si mantiene nell’ambito medio di un dato registro evitando intervalli difficili e rapide successioni di note”.
Vale a dire, lenti movimenti in un ridotto spazio musicale (di solito nell’ambito dell’ottava musicale ossia nello spazio di raddoppio-dimezzamento frequenziale delle note: per esempio Do1 – Do2). La Natura con le attività umane, specialmente quelle artistiche ma pure quelle laterali come l’architettura, sono correlate in varie maniere, alcune delle quali è proprio il caso di dire che sono sotto l’occhio di tutti come nelle arti plastiche e figurative. Però, seppur conosciute come informazioni cognitive, i modi correlativi più notevoli non coscientemente percepiti sono mediante proporzionalità matematiche, come quella della sezione aurea. Ovviamente qui non è il caso di estendere e approfondire l’affascinate argomento di quanto i rapporti matematici siano presenti in natura e nelle arti, solo un cenno in nesso con la musica, segnatamente nell’armonia musicale, chiarendo perché per esempio una diade (accordo di due note) è all’orecchio parecchio più elementare di una triade ed è incomparabile a una quadriade. E perché una triade pur avendo solo una nota in meno è molto più incisiva di una quadriade, e come mai gli accordi di cinque note in poi sono armonie tanto “ricche” da essere quasi una categoria a parte, pur avendo solo un paio di note in più degli altri.
Come già accennato nel precedente articolo, gli assoli musicali sono una porzione importante di musica, anche perché, tanto banalmente quanto brutalmente, aggiungono moltissime note al brano.
Cosa è che rende musica la musica? Di là ovviamente di cantare e usare strumenti musicali, cosa dà coesione e coerenza, ordine ed efficacia alla musica In sostanza alle altre arti come quelle figurative, la riconoscibilità della natura, di forme, oggetti ed esseri viventi, in letteratura, narrazioni di vita verosimili e coerenti; tutto con nessi logici. Ma alla asemantica musica?
L’indovinata disposizione di strofe, ritornelli ecc., la cantabilità di una melodia, un ritmo trascinante, un accordo intrigante? No, qualcosa di molto più essenziale, e di molto meno soggettivo... I brani musicali hanno scale di riferimento dalle quali derivano le note delle melodie e gli accordi delle armonie. La Tonalità concerne sia scale sia accordi. Il Sistema Tonale è basato principalmente su 12 tonalità maggiori (in subordine altre 12 minori con alcune varianti) perciò le scelte sono tra queste possibilità. Ancor oggi è imperante, dall’epoca barocca del XVII secolo, la dottrina musicale diatonico-tonale basata sulle successioni accordali; serie di concatenazioni armoniche con precetti tanto semplici quanto rigidi derivanti dalle scale di riferimento. Questo ovviamente ha determinato una contrazione delle combinazioni musicali all’interno delle tonalità (Sistema Tonale), quindi per uscire dalla monotonia, per offrire varietà si è perlomeno adottato (sin dall’inizio) il criterio di accostarle, ovvero nel corso del brano di traslare il campo di azione musicale e pertanto di percezione dell’ascoltatore: la modulazione.
Chi pensa che la scala Maggiore (Ionica) sia la base della musica occidental-europea si sbaglia. “Solo” dal periodo Barocco e ancor più da quello Classico, quindi dal ‘700 in poi, è così. La musica medievale gregoriana si basava su modi scalari che comprendevano anche la scala Ionica, ma questo era un modo alquanto poco usato, del tutto subornato ad altri, residuale.
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Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Dicembre 2024
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