Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”.
The Great Gig in the Sky è il titolo di un celebre brano pubblicato dai Pink Floyd, nell’ancor più celebre disco The Dark Side Of The Moon del 1973.
Il pezzo non era in origine granché, anzi, ma ciò che fece la differenza* fu la lunga improvvisazione vocale di Clare Torry, una giovane cantante professionista inglese, chiamata all’ultimo momento per “riempirlo” e tentare così di “salvarlo”.
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Monumentale: di ciò che, per le sue dimensioni, dia impressione di grandezza e solennità.
Così il vocabolario Treccani. Così per Since I’ve Been Loving You pubblicato dai Led Zeppelin nel loro III nell’ottobre del 1970. Una lenta canzone blues (minore), monumentale. Estetica e poetica, due termini che spesso si confondono.
Non dovrebbero confondersi il Free jazz e il Punk. Eppure… Il Free jazz, sorto tra la fine dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta del ‘900 per opera anzitutto di Ornette Coleman - seguito da giganti* come Eric Dolphy e John Coltrane (nei suoi ultimi tre anni di vita ‘65-’67) - è un fondamentale stile di Jazz che da lì, con alterne fortune artistiche e di successo di pubblico, si è variamente conformato fino ai giorni nostri.
Sgomenta che dalla straconosciuta e abusata scala blues (la Pentatonica minore con aggiunta una nota di passaggio - la quinta bemolle), impiegata in innumerabili assoli e alcuni tra i più celebri riff del Rock, si tiri in ballo la Sinfonia n.5 di Beethoven.
Quello degli statunitensi The Last Poets è proprio uno strano caso.
É il nome di una specie di laboratorio musicale che esordì discograficamente nel 1970 (The Last Poets); un’ibridazione tra testi fortemente socio-politici - declinati e declamati poeticamente - e percussioni. Tutti afroamericani. Fu un’importante innovazione, pure perché precursori del rap/hip-hop dei decenni successivi*. Con la locuzione “opera di transizione” spesso s’indica qualcosa di più bassa qualità del solito, di un po’ confuso, incompiuto: la parola transizione come sintesi rappresentativa di una crisi.
Invece questa fase di passaggio per i grandi artisti è non raramente una condizione di grande fermento creativo e importanti realizzazioni. Un plastico esempio è dato dai Weather Report con il loro quarto disco in studio Mysterious Traveller (1974). Ieri sera, casa mia, dopo cena…
Valerio: ma stai dicendo che in sostanza tutte le note vanno sempre bene, in qualsiasi circostanza musicale?! Sì, non ci sono limiti, se non quello di sapere cosa si vuole ottenere e quindi conseguirlo, scegliendo quali note… Sono scorrette le classiche prescrizioni, come pure quelle più flessibili e moderne di scuola Jazz, quando pretendono di essere di carattere assoluto. Sono valide se si vogliono ottenere precisi risultati in precisi stili, nulla di più. In musica gli elementi africani, tribalistico-etnici, si sono diffusi principalmente per opera dei Santana e del nigeriano Fela Kuti, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso*.
Loro, con ovvie e rilevanti differenze stilistiche, in modo continuativo (e Santana con particolare successo) hanno strutturato i loro brani mediante ritmi e riff di chiara discendenza africana, quindi non semplicemente “colorati” del “continente nero” da qualche percussione. Mozart, Genesis, Debussy, Tool... cosa c’entrano gli uni con gli altri? Il numero divino, ovviamente.
Da tempo si legge da più parti che alcuni compositori musicali avrebbero utilizzato la Sezione Aurea... Se pure fosse, sarebbe del tutto inutile. Comunque, sono secoli che si reputa che il mistero dell’armonica e universale bellezza stia in uno speciale rapporto tra le varie parti e il tutto. Ed è più che ragionevole ritenerlo. E allora? Conobbi la loro impegnativa musica che avevo circa vent’anni tramite un’antologia dei loro primi dischi: mi stregò il loro particolarissimo mondo di suoni; incisivo ed etereo, intriso di carnalità e spiritualità al contempo.
Non avevo ascoltato fino ad allora nulla che somigliasse a ciò e, soprattutto, nemmeno nei decenni successivi nelle mie più ampie e profonde esplorazioni musicali*. È tanto data per scontata quanto invalsa, superficialmente e senza argomentazioni serie, la straordinaria creatività di Frank Zappa.
Così, per sentito dire o visto scritto; ben che vada a orecchio - senza accurate analisi - ingenue deduzioni: considerato l’enorme spettro del suo Rock che spazia in tantissimi stili e generi (compreso messe in scena da cabaret con tanto di provocazioni, ironie e satire), Zappa non può che essere geniale... Spesso sia ascoltatori sia musicisti additano questo o quel pezzo come troppo simili tra loro o peggio, veri e propri plagi.
Non di rado è così, benché non solo le note ma pure i timbri, velocità e scenari armonici possono fuorviare. Anche nell’altro senso, cioè che una parte melodica del tutto simile a un’altra non venga percepita così analoga, allorquando suonata da strumenti assai diversi, con articolazioni tecnico-espressive e velocità differenti in scenari armonici non coincidenti. Criptoplagi. Ho avuto tre genitori.
Jimi Hendrix, Jimmy Page e Carlos Santana; con loro sono nato. E cresciuto. Dunque pienamente rock; poi una valanga di altri. Il Jazz è arrivato parecchi anni dopo, principalmente mediante la Fusion (e il Jazz-Rock), ossia capii che per comprendere e suonare la musica dei miei nuovi eroi (i chitarristi erano i soliti McLaughlin, Di Meola, Scofield, Benson, Ford, Henderson ecc.) avrei dovuto studiare seriamente il Jazz. Fu assai dura; non è come per suonare il Rock, il cui lessico è banale: scala Pentatonica, scala Maggiore con la sua derivata Minore, punto. Qualunque ascoltatore può immaginare che una canzone accattivante, magari di successo, sia fondata su fattori molto semplici.
E spesso è proprio così; anche più semplici di quanto si pensi. Ma quei brani hanno sovente qualcosa che li distingue nella loro essenza. Uno di questi è I Wouldn't Want To Be Like You del gruppo britannico The Alan Parsons Project (di fatto il duo Alan Parsons- Eric Woolfson tastierista), pubblicato nel 1977 e contenuto nel disco I Robot. In musica ci sono semplificazioni e approssimazioni atte ad ottenere col minimo sforzo dei buoni risultati in un dato contesto, come già affrontato per la questione dell’equivalenza d’ottava, che poi però divengono norme indiscutibili; ciò limita l’evoluzione musicale.
Pertanto un altro fondamentale fattore assai utile per ampliarne la realizzazione è quello di superare il concetto, ampiamente propalato nei manuali musicali e dalla secolare prassi, di rivolti degli accordi, e stimare ciò che sono le armonie accordali nella realtà oggettiva, fisica. E.S.P. è tra i dischi più importanti della carriera di Miles Davis; per più di un motivo.
Fu registrato nel gennaio del 1965 e pubblicato l’agosto di quell’anno dal quintetto che da qualche mese suonava in giro per il mondo; oltre a lui alla tromba, c’erano Herbie Hancock al piano, Wayne Shorter al sax, Ron Carter al contrabbasso e Tony Williams alla batteria. Le sette composizioni sono tutte a firma di uno dei componenti del gruppo (due la coppia Carter-Davis) fatto salvo il batterista, e si discostano significativamente dalle cose fatte fino ad allora; è un disco di svolta. Oltre a essere “democratico” nelle autorialità delle composizioni è assai equilibrato in quanto ad assetti musicali, sia percettivi sia nella sostanza. Non è certo demerito degli ascoltatori, ma è dei cosiddetti giornalisti musicali e simili (quindi di chi si è incaricato di informare di musica), se da sempre vige una confusione pressoché totale per quanto concerne i termini usati per indicare le varie declinazioni musicali inerenti la musica moderna.
Termini dunque molto utili, soprattutto allorquando precisi, naturalmente rammentando che sempre ci sono state e ci saranno gradualità più o meno significative di ibridazioni. Utili non tanto e non solo per orientare il fruitore nell’ascolto e il conseguente acquisto dei dischi – magari bulimico, agognato dall’industria e dal suo indotto - quanto per farne comprendere almeno un po’ le vere caratteristiche musicali, facendo la tara a quelle di superficie, contribuendo così a una più profonda consapevolezza degli ascoltatori di ciò di cui si sono appassionati. Quella tra generi e stili è la prima e complessiva confusione. Money dei Pink Floyd è tra i brani Pop-rock più famosi ma meno “conosciuti”.
Pubblicato nel celebre disco del 1973 The Dark Side Of The Moon, è tra le hit che più si può considerare fusione di fattori semplici ma determinanti di vari stili e generi. Blues, Reggae, Rock, Progressive e R&B, ciò che più connette in Money questi generi è l’andamento ritmico: per tutta la sua durata è pervaso e “sorretto” dal ritmo terzinato shuffle (tipico del Blues e i suoi derivati). L'altra caratteristica sono le parti di basso, oltre quella celebre ed evidente del riff principale: sono le fondamenta propulsive di tutte le fasi di Money. Mi rammarica non avere più il mio primo strumento; sono oltre quaranta anni che mi manca.
Da ragazzino undicenne avevo dei bonghi nordafricani che malamente percuotevo, tentando di andare appresso ai brani dei miei beniamini musicali. Ho continuato così per qualche anno, pure dopo che ebbi la mia prima chitarra. Benché il mio primo incontro con la musica (che non fosse solo ascoltarla) fu con una tastierina elettronica Bontempi che aveva un mio amichetto di 9 o 10 anni. Gli appassionati di musica dell’età aurea del Rock (all’incirca da metà dei Sessanta a metà Settanta) conoscono perlomeno nominalmente il gruppo Gong.
Molti tramite la cosiddetta trilogia Radio Gnome Invisible pubblicata nel biennio ‘73-’74, comprendente Flying Teapot, Angel’s Egg e You. Daevid Allen, chitarrista (occasionalmente bassista), cantante e compositore, li fondò (insieme alla cantante e autrice Gilli Smiyth) subito dopo esser fuoriuscito da nucleo originario dei Soft Machine (senza esser presente nel loro album di esordio del 1968). |
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Ottobre 2024
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