Musica ben più innervata dalla Classica (non di rado pure dall’etnica mondiale) e ben poco dal Blues, fu pertanto un Jazz di ricerca e sviluppo di matrici centro-europee (e orientali).
Quindi non semplici temi su cicli blues o canzoni, ma composizioni di altro tipo - sovente complesse - insieme con improvvisazioni; non inesorabilmente accompagnate da walkin’ e swing.
Lui meno estremo di altri, più mediatore in tal senso, comunque ben più cerebrale e “intimo” di qualsiasi chitarrista di colore, sia nelle composizioni sia nelle improvvisazioni.
Dalla metà dei ‘70, con l’avvento di Pat Metheny e dell’etichetta ECM di Manfred Eicher, ci fu un importante filone (bianco) di questo non “sanguigno” Jazz, non legato a quello imperante del decennio precedente spesso denominato soul-jazz e veicolato soprattutto dall’etichetta Blue Note.
Jazz elegante nelle sue tenuità a 360 gradi: timbriche, melodiche, armoniche, ritmiche e delle formali strutture (meno cicliche e più aperte).
Da considerare pure l’assetto generale dei gruppi, che sono assai meno espressioni di verticali leader accentratori delle loro abilità, ma più compatti e orizzontali. Meno singoli sciamani spinti da collettività e più corali sacerdoti officianti liturgie musicali, che tendono più all’effetto complessivo, atmosferico, che al fulgido impatto solistico del singolo.
Insieme con lui l'apprezzabilissimo (ma poco noto ai più) pianista e compositore Richie Beirach (di fatto co-leader del gruppo), il contrabbassista George Mraz e il batterista Peter Donald.
L’Abercrombie Quartet esordisce con Arcade (‘79), prosegue con l'omonimo Abercrombie Quartet (‘80) e conclude con M (‘81).
In sostanza divisi a metà l’onere e l’onore della firma delle composizioni tra il chitarrista e il pianista (vagamente hancockiano in alcuni soli); le coordinate musicali sono molto simili, non ci sono considerevoli differenze.
Da Arcade: Neptune, Alchemy.
Da Abercrombie Quartet: Dear Rain, Madagascar, Foolish Dog.
Da M: Boat Song, What Are the Rules?, Flashback, Pebbles.
Insomma, se è vero come è vero che in questa trilogia la discendenza chitarristica di Abercrombie è manifestatamente hall-menthenyniana**, la musica - vuoi anche per l’imponente apporto di Beirach – è rilevantemente originale.
* Dischi di non facilissima reperibilità, però la ECM nel 2015 li ha riuniti in un cofanetto a un prezzo più che ragionevole, chiamandolo The First Quartet.
** Peraltro in questo disco si discosta un po’ da quelle matrici, pure per il diffuso uso del pedale volume che offre articolazioni e colori diversi.